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Romanzo simbolico sulla natura, "I discepoli di Sais", oltre a essere una delle testimonianze più perfette dello straordinario linguaggio lirico di Novalis, costituisce uno dei testi più significativi del pensiero del poeta tedesco. A Sais, presso il simulacro della misteriosa Isis, entro le sale del tempio risuonano e si intrecciano le conversazioni che hanno per argomento la natura e il suo rapporto con l'uomo, la concezione del mondo come organismo incompiuto, le riflessioni sul potere vivificante della natura. Ora è la voce di Fichte che echeggia, ora ci pare di udire Schelling, ora avanza e parla amoroso il maestro di Freiberg. E la scuola di Freiberg è appunto l'accolita dei discepoli: Werner, il noto geologo apostolo della natura, che li sorveglia e li guida. Ed è in mezzo a loro che Novalis ci accompagna. In mezzo a forme aeree, indistinte, dove le figure svaniscono dinnanzi alle passioni dell'anima, dove i loro tratti sfilano leggeri, si arrestano un istante, sorridono, corrugano la fronte e non le si è ancora formate nella mente, che già sono via, lontane.